Omaggio a Marinetti, poeta della Nuova Italia

3/12/2018

2 Dicembre 2018, in occasione del 74° della morte di Filippo Tommaso Marinetti, una delegazione del Comitato pro Centenario 1918-1922 guidata da Alessandro Merlo e Pietro Falagiani ha reso gli onori al fondatore del futurismo. La manifestazione ha inaugurato ufficialmente le iniziative per il Centenario di fondazione dell’Associazione fra gli Arditi d’Italia (1° Gennaio 2019).

Marinetti fu il creatore di un’avanguardia artistica che seppe farsi movimento politico, plasmando idee, concetti, parole d’ordine, estetismi militanti, che ne faranno una colonna portante del movimento fascista. Il Manifesto del Futurismo apparve per la prima volta sulla “Gazzetta dell’Emilia” di Bologna il 5 Febbraio 1909, per poi essere ripreso da altri giornali italiani e approdare, infine, il 20 Febbraio, su “Le Figaro” di Parigi. Il manifesto fu una sassata contro le fragili e polverose vetrate della Belle Époque, che consacrò non solo un nuovo modo di fare arte, ma di “essere” arte.

Nel documento si affermava: “Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità”; “Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia”; “Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna”; “È dall’Italia che noi lanciamo per il mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il futurismo perché vogliamo liberare questo Paese dalla sua fetida cancrena di Professori, d’archeologi, di ciceroni e d’antiquari. Già per troppo tempo l’Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri”. Una vera e propria bomba, non solo letteraria, anche perché Marinetti seppe incarnare queste “parole” nell’azione, recandosi subito in Libia ai primi venti di guerra e partecipando da entusiasta protagonista agli scontri che porteranno il vecchio dominio ottomano sotto la sovranità italiana.

Ma è con la Prima Guerra Mondiale che i futuristi entrarono in scena come “esempi”. Numerosi si arruolarono Volontari, sacrificandosi per primi per la grandezza dell’Italia: Umberto Boccioni, Antonio Sant’Elia, Carlo Erba bagneranno con il loro sangue la redenzione della Patria.

Numerosi cercarono la “bella morte” e si recarono dove più forte tuonava il cannone, sempre tra i primi. Naturale, per loro, arruolarsi nella nuova specialità “futurista” dei Reparti d’Assalto. E nei panni degli Arditi i futuristi scriveranno pagine di gloria militare uniche. Il futurista è un Ardito e gli Arditi sono futuristi. Tra loro non si possono dimenticare le figure di Mario Carli e Ferruccio Vecchi che saranno, finita la guerra, i creatori dell’arditismo.

Giunti al termine della guerra, Marinetti fondò il Partito Futurista che sarà in quei mesi un tutt’uno con le Fiamme Nere reduci dalle trincee che cominciavano a muoversi sulle piazze d’Italia in difesa, non solo della Vittoria, ma di tutti quei valori che la sovversione massimalista nella sua avanzata sembrava travolgere. E i futuristi e gli Arditi – che erano spesso la stessa cosa – si presentarono in massa all’appello del Direttore de “Il Popolo d’Italia” Benito Mussolini del 23 Marzo 1919. Loro saranno le prime falangi del movimento fascista; loro saranno le avanguardie che il 15 Aprile di quell’anno travolgeranno la marea montante socialista in quella che passò alla storia come la Battaglia di Via dei Mercanti, che si si concluderà con l’incendio della sede milanese de “L’Avanti!”.

Il futurismo rappresenterà una delle anime di quell’eterogeneo “magma politico” che fu il diciannovismo, contraddistinto da una linea d’azione spregiudicata, anticlericale, nazionalista, repubblicana. Elementi certamente poco “gestibili”, tanto che ben presto si avrà una “rottura” con l’esperienza fiumana che pure aveva esaltato Marinetti e un allontanamento anche dai Fasci che, nel Maggio 1920, archiviando lo sterile diciannovismo, avevano imboccato un’altra strada politica ben più attinente alla realtà del Paese (archiviando l’estremismo repubblicano e l’anticlericalismo militante).

Dopo la Marcia su Roma, Marinetti tornerà in pianta stabile al fianco di Mussolini nel comune sogno di realizzare una compiuta rivoluzione nazional-popolare e una più grande Italia, firmando il Manifesto degli intellettuali fascisti (1925). Il Regime lo onorerà nominandolo Accademico d’Italia (1929).

L’adesione di Marinetti al fascismo costituirà il fondamento d’onore nella sua scelta di arruolarsi due volte Volontario: nella conquista dell’Impero (1935) e nella crociata contro il bolscevismo in Russia (1942). Un “padre del fascismo” come Marinetti non poté che schierarsi attivamente a sostegno della Repubblica Sociale Italiana, durante la quale comporrà il suo ultimo celebre pezzo: Quarto d’ora di poesia della Xa MAS, il cui titolo richiamava i “raduni poetici” settimanali per la RSI dei futuristi savonesi Giovanni Acquaviva e “Farfa” Vittorio Tommasini. Marinetti, infatti, era rimasto entusiasta della fiammata dei futuristi di Savona a favore della Repubblica che con il loro spettacolo “Quarto d’ora di poesia” del Mercoledì sera intrattenevano la popolazione e i militari recitando “versi in libertà” (come testimonia una cartolina rintracciata dal nostro Marco Formato ed oggi custodita presso l’archivio della Galleria “Arteelite” di Savona).

Anche negli ultimi giorni del fascismo, i futuristi riaffermavano la loro presenza al fianco di Mussolini, come quel Gaetano Pattarozzi – il “pupillo” di Marinetti – che in quel tragico “crepuscolo”, mentre tutti fuggivano, non aveva esitato ad indossare la divisa di Ufficiale della Polizia Repubblicana.

Con l’avvicinarsi della fine, Marinetti sentì il dovere di compiere l’ultimo suo atto di testimonianza di una vita tutta dedicata al servizio della Patria e scrisse ai suoi cari futuristi una cartolina, con semplicemente scritto “Viva l’Italia”. Mentre la Nazione italiana moriva soffocata tra le spire della guerra civile, calpestata dai carri armati nemici e stritolata dalle bombe angloamericane, Marinetti invocava ancora la sua fede.

Il fondatore del futurismo morì a Bellagio (Como) il 2 Dicembre 1944-XXIII. Mussolini volle per lui i funerali di Stato, al termine dei quali la salma fu tumulata nel Cimitero Monumentale di Milano. Quella città da cui tutto ebbe inizio. E qui, il 2 Dicembre scorso, il Comitato pro Centenario 1918-1922 ha voluto omaggiare l’Italiano che seppe indicare nell’arte e nell’azione la via per amare la Patria oltre se stessi, oltre l’ostacolo.

Pietro Cappellari