CRIMINI PARTIGIANI IN BALCANIA: L'ECCIDIO DI ROTTENSTEIN-RDECI KAMEN (24 MARZO 1942)
2/4/2020A seguito della sconfitta da parte delle Armate italo-tedesche della Iugoslavia (Aprile 1941), il giovane Stato che con un maldestro colpo di Stato era passato nel campo degli Alleati, l’intera regione venne frazionata in Stati indipendenti. La Slovenia non ottenne l’indipendenza e fu divisa tra Regno d’Italia, Regno d’Ungheria e Reich germanico. Nella Slovenia italiana, divenuta Provincia di Lubiana, fu nominato un Alto Commissario nella figura di Emilio Grazioli (già Federale di Trieste). Nonostante una politica di “basso impatto” e il rispetto della cultura slovena, la regione vide svilupparsi un virulento movimento di resistenza anti-italiano e le sue contrade iniziarono a bagnarsi di sangue innocente: centinaia e centinaia saranno le vittime, non solo Italiane, della violenza partigiana1. Oltre ai funzionari dello Stato italiano e del PNF, anche diverse imprese italiane inviarono i loro impiegati nella nuova provincia. Tra queste la società “Emona":
La società “Emona” (Istituto agricolo immobiliare di Lubiana), viene costituita il 30 Novembre 1941 con sede legale a Lubiana e amministrazione centrale a Roma, e con capitale per due terzi della Società Generale Immobiliare e per un terzo della Snia Viscosa. Scopo principale è il rilievo, e la successiva gestione, valorizzazione e rivendita, dei beni immobiliari urbani, rurali, boschivi e di aziende connesse, appartenenti agli allogeni tedeschi [Gottscheer] rimpatriati in Germania dalla provincia di Lubiana.
A seguito dell’annessione all'Italia nel Maggio 1941 della provincia di Lubiana, dichiarata “compattamente slovena”, la Germania delibera il trasferimento in patria degli allogeni tedeschi che avessero optato per
questa soluzione. Fra il Governo italiano e quello tedesco viene stipulato un accordo (31 Agosto 1941) per la liquidazione dei beni appartenenti ai cittadini tedeschi emigranti. Della questione è investita la società “Emona”, appositamente costituita con il programma di acquistare e poi rivendere le proprietà.
Controparte dell’“Emona” nell’operazione è la D.U.T.
Deutsche Umviedlung Treuhandgesellschaft di Berlino, la quale agisce come fiduciaria dei cittadini tedeschi. I contatti con la D.U.T. avvengono attraverso la Delegazione germanica per l’emigrazione2.
Tra i più preparati e volenterosi impiegati della “Emona” a Lubiana vi erano Giovanni Bez, Walter Vannini e Aldo Dobrilla. Bez, originario di Longarone (Belluno), classe 1900, di professione “capomacchia”, era stato appena assunto. Il compito affidatogli era quello di valutare concretamente il patrimonio boschivo concesso e riferire agli uffici di Roma. Dobrilla, nato a Capodistria (Pola) il 6 Gennaio 1922, iscritto al PNF dal 1938, era perito agrario. Vannini, nato a Cesena il 4 Ottobre 1920, iscritto al PNF (Fascio di Cesena) dal 29 Ottobre 1941-XX, anch’egli era perito agrario.
Il 24 Marzo 1942, i tre risiedevano a Stari Log-Autloag. Era un piccolo paese del Comune di Cocevie-Kočevje, uno dei centri più importanti della comunità germanica (tanto è vero che l’abitato, nella lingua locale, era chiamato Gottschee). Presero un’auto e si recarono a Topla Reber, una frazione composta dagli insediamenti di
Unterwarmberg e Oberwarmberg, distante poco più di 9 chilometri.
A Topla Reber, Bez avrebbe dovuto compiere dei rilievi boschivi, mentre Dobrilla e Vannini avrebbero dovuto fare un censimento delle abitazioni e delle scorte presenti. Come abbiamo detto, compito della “Emona” era la gestione, la valorizzazione e la rivendita dei beni dei Gottscheer che abitavano questa regione della Bassa Carniola (Slovenia meridionale) fin dal XIV secolo (circa 12.500 persone). Dopo il collasso dell’Impero Austro-Ungarico avevano sognato la costituzione di una Repubblica di Gottschee, ma la Conferenza di pace deluse le loro aspettative. Con la costituzione del Regno di Iugoslavia avevano subito un inesorabile processo di
snazionalizzazione che aveva costretto molti all’espatrio. Quando la Slovenia venne occupata dall’Armate italo-tedesche, la Gottschee fu annessaal Regno d’Italia (Provincia di Lubiana). Come era avvenuto per i Tedeschiresidenti nell’Alto Adige, in base ad uno specifico accordo, i Gottscheer poterono optare per il reinsediamento in Germania, al “Ranner Dreieck” o triangolo di Rann-Brežice, nella Bassa Stiria, nella Slovenia orientale annessa al Reich. Quel 24 Marzo 1942, Bez, insieme ad un operaio sloveno, si diresse nei boschi ancora coperti di neve, verso Rottenstein-Rdeci Kamen, un piccolo abitato di diciassette case, ormai abbandonato, distante circa 2 chilometri. Nell’Inverno del 1942, però, in questo insediamento avevano posizionato la loro base operativa i partizan del V Battaglione della Bassa Carniola (“Dolenjski" Bataljon). Circa 160 ribelli comunisti, illegittimi belligeranti, al comando di Ivan More “Žan”, coadiuvato dal Commissario politico Dušan Pir jevec Ahac” e dal Vicecomandante Filip Tekavec “Gašper”
3. Giunto sul posto, Bez venne immediatamente catturato dai ribelli. I partizan
, saputa della presenza degli Italiani in zona, si recarono così a Topla Reber dove sequestrarono anche Vannini e Dobrilla, per poi far ritorno in sede.
Il Battaglione “Dolenjski” aveva al suo attivo già tre imboscate contro i soldati del Regio Esercito e, alcune volte, aveva raggiunto anche i centri abitati della zona per effettuare azioni di propaganda comunista ed anti-italiana presso le popolazioni. Nel pomeriggio, i tre catturati furono sottoposti al giudizio del Comando partigiano, decisione priva di qualsiasi valore giuridico, che li condannò a morte in quanto Italiani e fascisti. La sentenza venne eseguita a Rottenstein-Rdeci Kamen.
Scrisse “Prima Linea”, giornale della Federazione dei Fasci di Combattimento di Lubiana:
La sentenza di morte fu pronunciata alle 17 dello stesso giorno presso Rdeci Kamen e fu ascoltata dai condannati con fierezza di Italiani e di fascisti. Prima dell’esecuzione gridarono «Viva l’Italia» e «Viva ilDuce». Il fatto di sangue, che si può defin
ire inqualificabile assassino, si impone al raccapriccio e all’odio di tutti con un’evidenza tragica che la sommarietà del processo, la perfidia degli interrogatori e la brutalità del trattamento inflitto ai prigionieri non fanno che rendere più impressionante. Alcuni particolari però necessitano di un breve lumeggiamento, perché indici di posizioni spirituali discordi, influenzanti di conseguenza in opposti modi il comportamento umano delle parti in causa. Anzitutto è interessante notare un movimento di stupore e incertezza che fece ondeggiare, dopo la lettura della sentenza di morte, lo stesso partito ribelle in discordi pareri, culminando poi in un vero e proprio fermento di opposizione che alcuni capi riuscirono a soffocare soltanto con minacce armate. Che gli stessi partigiani abbiano compreso l’ingiustizia della decisione disumana dei capi è straordinariamente significativo, non soltanto perché denuncia uno stato di instabilità nelle superstiti compagini ribelli, ma anche perché testimonia da parte degli stess i nemici il riconoscimento dell’inqualificabilità dei crimini comandati dai loro capi. Da un punto di vista invece più strettamente sentimentale, commovente è l'esempio di fierezza fascista offerto dai tremartiri prima dell’esecuzione. E interessante è notare pure come in essi si siano manifestati all’ultimo istante i richiami delle tre fedi basilari della vita umana: infatti il Dobrilla chiese di scrivere alla madre (cosa che però gli fu negata), il Vannini incitò i compagni all’estremo coraggio e il Bez piegò i ginocchi nella preghiera cristiana. Non è quindi avventato dire che in queste tre vite, colpite dalla barbarie partigiana, si sublimano i tre valori simbolici del credo umano: famiglia - patria - religione. Tutte, con sovrumana coerenza, sono trasfigurate dal sacrificio estremo della vita: e Dio non può dimenticare il sangue giovane fluito per una ingiustizia e rivolto alla sola vera Giustizia 4.
Così la Federazione dei Fasci di Combattimento di Belluno ricordò la morte di Giovanni Bez:
Dopo lunghi ed estenuanti interrogatori, durante i quali, mai è vacillata l’alta fiamma di italianità che animava i tre valorosi, la banda comunista ne decretava l’uccisione perché Italiani e perché fascisti.
La sentenza, nonostante il parere contrario di qualche membro dei congiurati, commossi davanti sì nobili figure, veniva eseguita mediante fucilazione e i tre martiri consacravano col sangue i loro più purissimi ideali: Iddio, la Patria e la famiglia5.
Aldo Dobrilla, assassinato “per aver orgogliosamente affermato la sua grande fede fascista”, sarà insignito della Laurea honoris causa alla memoria della Regia Università di Trieste6. A Walter Vannini venne intestata la Casa del Fascio di Cesena. Sarà successivamente insignito della Laurea honoris causa alla memoria della Regia Università di Bologna. In ricordo del suo sacrificio sarà disegnata una cartolina commemorativa: “Catturato in[…] Balcania da ribelli comunisti, fucilato perché‘Italiano e fascista’! Ascoltò sereno la sua condanna e prima dell'esecuzione gridò: «Viva l’Italia! Viva il Duce!»”. Dobrilla e Vannini vennero riconosciuti Martiri della Rivoluzione fascista7. Il 27 Marzo 1942, truppe italiane investirono la regione con un rastrellamento. Il Battaglione “Dolenjski” si ritirò immediatamente verso Nord, abbandonando la zona. Cinque partizan vennero comunque catturati e fucilati8. Il piccolo insediamento di Rottenstein-Rdeci Kamen fu completamente incendiato dai Granatieri di Sardegna il 18 Agosto 1942, durante l’offensiva antipartigiana di Kočevski rog 9 e non fu mai più ricostruito. I Gottscheer della regione che non erano stati ancora reinsediati o avevano scelto di rimanere nelle loro case, alla fine della guerra vennero sterminati, insieme a tutti gli altri “nemici del popolo” di nazionalità slovena, dai partizan comunisti durante i cosiddetti “massacri di Kočevski rog” o “massacri di Cocevie”, nell’opera di pulizia etnica e politica intrapresa per l’edificazione della Iugoslavia socialista.
Ritroveremo il Comandante del Battaglione “Dolenjski” Ten. Col. Ivan More, responsabile dell’eccidio di Rottenstein-Rdeci Kamen, a capo degli investigatori dei cosiddetti “processi di Dachau”, termine con cui si indicano quei processi di stampo stalinista che la Iugoslavia intentò
contro i suoi oppositori politici - veri e presunti - che erano stati prigionieri nel tristemente famoso campo di concentramento tedesco e, nel primo dopoguerra, erano rientrati in Slovenia. Li si accusò falsamente di essere collaboratori della Gestapo e condannati a morte o all’internamento dei famigerati campi di rieducazione iugoslavi. Il Vicecomandante Filip Tekavec (1912-1983) farà un’importante carriera militare nell’Esercito iugoslavo, concludendola come cittadino onorario di Ribnica. Solo nel 2019 verrà confermata l’accusa di aver fatto decapitare il movimento terrorista nazionalista TIGR, vendendolo agli Italiani, per ordine del Partito Comunista di cui faceva parte, in quello che passò alla storia come “scontro di Malgern - Mala Gora” (Cocevie) del 13 Maggio 1941, primo conflitto a fuoco tra
Carabinieri Reali e partizan nella Slovenia italiana 10. A tal proposito, si ricordi che in quei mesi i comunisti erano legati alla Germania dal patto d’amicizia nazi
-bolscevico del 1939. Il Commissario politico
Dušan Pirjevec (1921-1977), fine letterato e filosofo, quanto brutale con i suoi nemici, fu accusato anche dai suoi compagni di crimini contro l’umanità:
lo scrittore partigiano comunista
Jože Javoršek lo accusò pubblicamente di aver bruciato prigionieri di guerra vivi. Fu sottoposto anche ad un processo interno per aver massacrato un gruppo di soldati italiani prigionieri. Dopo la guerra fece carriera nelle unità di propaganda della Slovenia comunista, ma nel 1948 venne arrestato dalla Polizia e processato
per numerosi crimini gravi, come attività sovversive, atti immorali e stupri. Condannato ad una pena irrisoria rispetto i reati contestati, appena 2 anni di reclusione, fu posto in libertà provvisoria dopo solo sei mesi di carcerazione, ma fu comunque espulso dal Partito Comunista e privato di tutti gli onori di guerra 11.
1
Cfr. P. Cappellari,
Crimini partigiani in Balcania (1941-1942). Il sacrificio degli Italiani nelle carte della Federazione del PNF di Fiume, in www.academia.edu/42319938.
2 P. Pozzuoli (a cura di),
Emona - Istituto agricolo immobiliare di Lubiana (1941 - 1960, in https://search.acs. beniculturali.it/OpacACS/authority/IT-ACS-SP00001-00000554.
3 Cfr. Velimir Kraševec-Igor Zapadnolenjski Odred, Ljubljana 1985, pag. 9.
4 Presente!, “Prima Linea”, a. I, n. 3, 3 Ottobre 1942-XX.
5 Cfr. ACS, Mostra della Rivoluzione fascista, b. 1, f. Belluno.
6 Annuario della Regia Università di Trieste. Anno accademico 1942-1943-XXI, Trieste, Tipografia Moderna S.A., 1943-XXI.
7 Cfr. Cfr. P. Cappellari, Crimini partigiani in Balcania (1941-1942). Il sacrificio degli Italiani nelle carte della Federazione del PNF di Fiume, in www.academia.edu/42319938.
8Cfr. Velimir Kraševec-Igor, Zapadnolenjski Odred, Ljubljana 1985, pagg. 10.
9 Cfr.Ibidem, pagg. 98-99.
10 Cfr. R. Podbersič, Spomin na TIGR in Malo goro, in www.noviglas.eu/spomin-na-tigr-in-malo-goro; e J. Možina, Pričevalec Bruno Tekavec o očetu Filipu, da je izdal tigrovce, 2 Luglio 2019, in https://www.casnik.si/pricevalci-zamolcana-resnica-o-izdaji-primorskih-tigrovcev.
11 Cfr. voce Dušan Pirjevec, in https://en.wikipedia.org/wiki/Du%C5%A1an_Pirjevec.