CRIMINI PARTIGIANI IN BALCANIA (1941-1942). Il sacrificio degli Italiani nelle carte della Federazione del PNF di Fiume

2/4/2020

di Pietro Cappellari

La guerriglia sviluppatasi nei Balcani a seguito della sconfitta della Iugoslavia (Aprile 1941), dopo il colpo di Stato che aveva portato la giovane Nazione nel campo degli Alleati, fu caratterizzata da episodi di violenza inenarrabili. I partizan slavi si macchiarono di una serie di crimini contro l'umanità oggi dimenticati, ma che avranno il loro epilogo nella totalitaria pulizia etnica contro gli Italiani dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia e nell'altrettanto drammatico sterminio degli Slavi anticomunisti compiuto dai titini al termine della guerra. Se oggi di "foibe" si può bene o male parlare-ma solo grazie ad una legge dello Stato-, tutti gli altri crimini compiuti dai partizan sono stati letteralmente rimossi dalla memoria collettiva, per non parlare dei libri di scuola sui quali non sono mai entrati. Eppure si tratta di uno sterminio di notevole impatto: "In un discorso al quarto Plenum del Partito nel 1951 e poi apparso sul quotidiano belgradese 'Politika', Ranković [il capo dell'OZNA] ammise che per le prigioni iugoslave transitarono dal 1945 al 1951 3.777.776 persone (su una popolazione di circa 13 milioni di abitanti) e circa 568mila furono i nemici del popolo liquidati, la maggioranza nei primi mesi del terrore del 1945. Dell'ondata degli arresti operati dall'UDB-a [la Polizia politica iugoslava 1946-1966] nel 1949 Ranković ammise che per il 47% essi furono arbitrari" 1. Quasi 600.000 persone uccise, quindi, un olocausto rimosso, che colpì in pieno anche noi Italiani, non solo con la cancellazione della millenaria civiltà romano-veneta nell'Adriatico Nord-Orientale, ma con la morte di circa 10.000 nostri connazionali e il contestuale esodo di più di 300.000 nostri fratelli dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia. Si trattò, oltretutto, di crimini commessi a guerra finita e contro persone inermi cui nulla poteva essere imputato.