“FEMMINICIDI” PARTIGIANI, UNA PAGINA OSCURA DELLA STORIA D’ITALIA

2/7/2020

Tra le pagine “dimenticate” della nostra storia nazionale, quelle in cui sono elencati i crimini contro l’umanità commessi dai guerriglieri italiani tra il 1943 e il 1945 sono le più “pesanti”. Come hanno illustrato coraggiosi studiosi del calibro di Giorgio Pisanò, Gianfranco Stella, Antonio Serena o Giampaolo Pansa, troppe violenze commesse impunemente contro innocenti sono state cancellate o, quando non era possibile dimenticarle: giustificate, minimizzate, “contestualizzate”. Si è finiti così per uccidere due volte degli innocenti, sepolti nella fossa comune della memoria scavata dai famosi “gendarmi” al servizio del comunismo, anche quando questa ideologia fallimentare di odio e terrore si è eclissata.

Tra il Marzo e il Giugno 1944, lungo il confine tra le provincie di Terni e di Rieti si verificarono episodi di violenza inenarrabile, dettati da odio politico, che colpiranno persone innocenti cui nulla poteva essere addebitato. Tra le numerose vittime di questo “odio inestinguibile” come lo ha definito Marcello Marcellini in suo pregevole studio, particolare impressione hanno destato gli assassini di cinque donne. Azioni partigiane da sempre occultate e, quando non era possibile nasconderle, presentate sotto un “filtro” che conduceva molto lontano dalla realtà dei fatti. Un filtro politico, giustificazionista ovviamente, che esulando dal fatto principale che le donne uccise nulla avevano fatto per meritare tale violenza, finiva per infangare la stessa memoria delle vittime, ridotte a “spie” senza dignità umana o semplici prostitute al soldo dell’invasore.

Tali eventi sono riemersi dalla “fossa comune” della memoria in cui erano confinati grazie al progetto di ricerca La Repubblica Sociale Italiana sull’Appennino Umbro-Laziale condotto dal Dott. Pietro Cappellari, opera monumentale in tre “sezioni” che vuole analizzare nei dettagli la storia della RSI nelle provincie di Rieti, Terni e Perugia. Un’opera della quale sono a tutt’oggi usciti i primi due volumi: Rieti repubblicana 1943-1944 (Herald Editore, Roma 2015) e Terni repubblicana 1943-1944 (Herald Editore, Roma 2020).

Nell’ambito di questa ricerca, Cappellari ha voluto “isolare” i cinque omicidi di donne avvenuti, per l’appunto, sul confine ternano-reatino, dando alle stampe un pregevole studio dal titolo Femminicidi” partigiani. Questo volume ripropone quanto già scritto nei due volumi citati e rilanciato sulla piattaforma http://www.academia.edu

Il lettore perdoni il termine politicizzato di “femminicidio” che serve solo a far comprendere la tematica oggetto di questa rapida analisi. La società risponde a degli “istinti” e l’utilizzo di questi termini permette una più agevole recezione al grande pubblico di quanto si narra.

Con questo piccolo gesto si è salvata la memoria di cinque donne, dimenticate e vilipese per troppo tempo. No. La memoria non può più essere ostaggio dei “gendarmi” del pensiero unico. La libertà e la realtà storica sono beni troppo preziosi.

Lemmonio Boreo