IL PASSATO DA NON DIMENTICARE PER GLI ESULI DALMATI E GIULIANI, SOTTO LA DITTATURA KOMUNISTA DI TITO.

29/8/2020

Ricorre oggi l’anniversario della più sanguinosa strage della storia della Repubblica Italiana.
Una strage che però non compare nei libri di storia.
Erano le 14:10 del 18 agosto 1946 quando si udirono due esplosioni provenire dalla spiaggia di Vergarolla, a Pola che era ancora Italiana, dove furono fatte esplodere 9 tonnellate di tritolo in occasione di una gara di nuoto che chiamò a raccolta centinaia di persone.
Una festa in tempi tristissimi che diventò una trappola, in un attimo la spiaggia saltò in aria e si intrise di sangue e membra umane.
I feriti non si contarono mentre persero la vita 116 persone, di cui attraverso i resti solo 64 vennero riconosciute. Tra le vittime vi erano 10 bambini.
Tutte le testimonianze e le ricostruzioni convergono su un punto: quello di Vergarolla fu un attentato, l’ultimo tragico e definitivo avvertimento agli italiani di andarsene. Un altro crimine del nazionalismo comunista condonato dalla narrativa a senso unico.
La strage di Vergarolla segnò l’inizio del grande esodo verso l’Italia da Pola, che il 10 Febbraio 1947 insieme all’Istria e alla Dalmazia, fu ignominiosamente ceduta alla Jugoslavia di Tito.
Eppure quella gente, che lasciò tutto, ma spesso non le spoglie dei propri cari, che era scampata dall’occupazione nazista, che sopravvisse ai bombardamenti degli alleati, ai campi di concentramento neri e rossi, ai processi sommari, alle foibe, gli stupri e alle torture degli ustascia e dei partigiani titini, venne accolta dai comunisti italiani e da gran parte dell’intellighenzia, come traditori della causa rivoluzionaria.
Donne, uomini e bambini che in quella che fu una tra le pagine più buie della nostra storia, furono umiliati, abbandonati e nascosti, come se fossero il peccato.
“Erano italiani, li chiamavano fascisti”.
In onore del libero comune di Pola in esilio e per amore della verità.
Noi non dimentichiamo.
Eugenio Battaglia