Storie del biennio rosso: l’omicidio di Giuseppe Vallone

7/12/2020

La vicenda di una delle prime vittime del cosiddetto “Biennio Rosso” è stata ricostruita grazie ad una ricerca dello storico Pietro Cappellari in collaborazione con il Comune di Spinazzola. Così, a cento anni dagli eventi, il Prof. Giuseppe Vallone “rientra” a pieno titolo nella storia di Puglia e d’Italia. Il 1920 si apriva con grande speranza per il proletariato organizzato. Dopo un anno di agitazioni, scioperi, occupazioni di terre e violenze generalizzate era sorto un nuovo potere in Italia: quello del socialismo che si apprestava a farsi rivoluzione. La vittoria elettorale del Novembre 1919 del PSI – primo partito in Italia – non era altro che un ulteriore avanzamento di quell’“esercito rosso” che marciava compatto verso la dittatura del proletariato. La guerra civile scatenata dai massimalisti pareva allora vincere: ovunque, lo Stato sembrava come paralizzato davanti alle violenze sovversive; ovunque, la borghesia rimaneva atterrita e ripiegava terrorizzata. Un ordine nuovo era sorto nelle campagne e su migliaia di Comuni d’Italia si alzava la bandiera rossa della rivoluzione bolscevica. Ma né il PSI né la CGL riuscirono a dominare la situazione. Ma né il PSI né la CGIL riuscirono a dominare la situazione. Intanto, però, nelle campagne si moriva e a centinaia si cominciavano a contare le vittime di una serie impressionante di “eccidi proletari”. Il 2 Giugno 1920, in tutta la provincia di Bari scoppiò uno sciopero generale, una manifestazione di forza senza precedenti dei lavoratori della terra, che impressionò per la compattezza e le violenze generalizzate registrate che si tramutarono in veri e propri tumulti popolari contro l’ordine costituito. Una vera e propria guerra civile era scoppiata nelle campagne pugliesi. Lo sciopero barese era la reazione proletaria all’eccidio di Canosa del 30 Maggio precedente, quando i Carabinieri Reali erano intervenuti per reprimere la sommossa di quattromila persone davanti al Municipio, popolani che reclamavano il mancato pagamento dei lavori eseguiti e la distribuzione della posta. Fu una strage: quattro morti. I socialisti proclamarono lo sciopero generale di protesta, contando sulla rabbia dei contadini che montava davanti alla disoccupazione dilagante e alla mancanza di distribuzione di generi alimentari. Lo stesso Prefetto era impotente e chiedeva disperato aiuto al Governo: “Popolazioni esasperate non si possono alimentare con promesse e io non so più a quali mezzi ricorrere. Prego V.E. voler rispondere miei precedenti telegrammi e adottare energici immediati provvedimenti”. Ma nulla venne fatto e divampò selvaggio lo sciopero. Nella piazza centrale di Terlizzi, il 2 Giugno, vi fu un duro conflitto a fuoco tra scioperanti e Carabinieri Reali al cui fianco si erano schierati gli agrari contrari allo sciopero che metteva in ginocchio l’economia dell’intera regione, già in profonda crisi. A Bitonto, sempre quel giorno, i proprietari respinsero le minacciose richieste delle Leghe rosse di assunzione indiscriminata di loro lavoratori, arrivando allo scontro armato, con un agrario che sparò contro una folla di 150 disoccupati in tumulto. Infine, gli incidenti di Spinazzola del 3 Giugno, quando i Carabinieri Reali spararono contro i contadini in sciopero, tra cui donne e bambini, portati in piazza dai “capi-popolo”, ben sapendo il clima di violenza e tensione che si registrava. Forse fu proprio in reazione a quest’ultimi incidenti che a Spinazzola si verificò un omicidio, ancor oggi avvolto nel mistero. L’unico che ne fece un accenno fu Giorgio Alberto Chiurco nella sua Storia della Rivoluzione fascista (1929-VII), poi, il silenzio più assoluto. Secondo lo storico ufficiale del Regime, a Spinazzola, i sovversivi avevano assassinato il Prof. Giuseppe Vallone, giornalista e “militante nei partiti dell’ordine”. Inserì questa annotazione in una cronaca generale, dove riportò anche il tentativo di omicidio del proprietario Liuzzi e una sparatoria dei Carabinieri Reali contro i socialisti di Spinazzola che li avevano attaccati. Purtroppo, la mancanza di documenti e di qualsiasi memoria storica ha sollevato il dubbio sulla veridicità di quanto affermato da Chiurco. Attraverso una ricerca col Comune di Spinazzola, si è risaliti alla tomba del Professore assassinato dai socialisti, ed è stato possibile anche ricostruire cosa avvenne quel 4 Giugno 1920. Grazie alla collaborazione del Vicesindaco di Spinazzola Giuliana Silvestri Vigilante, della Prof.ssa Elide Bozzani e del Prof. Giacomo Giuseppe Desiante si sono ritrovati dei documenti straordinari che, per la prima volta, illustrano cosa accadde. Si tratta di appunti appartenuti al responsabile della Federazione Nazionale Lavoratori della Terra (Federterra) di Bari Raffaele Pastore (1881-1969). Pastore, nel 1915, aveva rotto con i “grandi” del sindacalismo pugliese Giuseppe Di Vittorio e Giuseppe De Falco perché avevano sposato la linea interventista, come Mussolini, e nel primo dopoguerra si era distinto per un’intensa attività sindacalista. Questi annotò come il Professore di Spinazzola – bollato dispregiativamente dal Pastore come “confidente della Questura” – venne accoltellato durante i tumulti scoppiati in paese. Si difese rifugiandosi in un negozio e sparando contro i suoi assalitori che lo volevano linciare. Riuscì a ferire ad una gamba un aggressore, il contadino Nunzio Rivieri. Poi, non sappiamo cosa accadde. Come attesta l’Ufficio Servizio Demografici, il corpo del Professore fu ritrovato senza vita alle ore 13:00 di quella giornata di sangue.


Maria Giovanna Depalma