I DUE LEGNANI

3/5/2023

di Gianni Bianchi - Paolo Gulminelli
SARASOTA EDIZIONI
www.edizionisarasota.it
Gianni Bianchi: cell. 3285405547

Due grandi Ufficiali di Marina, Antonio e Emilio Legnani, vincitori in una guerra perduta.

Scrivere una prefazione è sempre un compito arduo e difficile perchè si rischia di andare fuori tema.
Che dire, qui siamo di fronte a due Ufficiali Comandanti di Marina che hanno seguito il sentimento dell'Onore, sentendo in pieno la responsabilità del loro potere e rimanendo fermi nei pericoli.
L'onore in questo caso è divenuto carattere di classe accomunando padre e figlio, e permanendo attraverso le differenze individuali come carattere comune e inconfondibile, capace di imporre doveri più grandi ancora dei privilegi.
Questa fisionomia familiare potrebbe bastare all'influenza dell'individuo alimentandone la sua stima, in modo che si possa esprimere questa "aristocrazia" di comportamento e che la stessa possa essere bene imitata e trasmessa per generazioni.
Auguriamoci che leggendo la vita e le imprese dei Legnani si diffondano tra il Popolo genio e eroismo come fiamma che illumina e riscalda intorno tutti coloro che hanno "freddo al cuore e buio nel pensiero".
AD MAJORA!

Io non so che ore sono....il tempo, per me, si è fermato l'8 settembre 1943!!!...

Com.te Dino FIORI


GLI AMMIRAGLI DIMENTICATI
Ho vissuto l’ultima guerra, sono nato nel 1941, riportando solo pochi ricordi. Forse per questo non mi sento coinvolto emotivamente quando penso a quegli avvenimenti come invece accadeva a mio fratello, giovanissimo partigiano, era del 1926, che finì nel carcere della Repubblica Sociale Italiana a Parma e forse non sarebbe mai più tornato se un bombardamento alleato, provvidenziale per lui, ma non certo per i 50 morti che provocò, non avesse aperto una breccia nelle mura perimetrali del carcere attraverso la quale fuggì con molti altri prigionieri. Quando egli, anche molti decenni dopo, ricordava quegli anni si emozionava e si agitava, particolarmente se parlava con qualcuno che cercava di giudicare con più distacco il periodo del ventennio e le vicende della seconda guerra mondiale.
Per questo quando mi è stato chiesto di fare la prefazione ad un volume che ricorda
due esemplari figure di ufficiali della Marina Militare Italiana, ma anche altri che hanno compiuto con onore il loro dovere di soldati, ho volentieri raccolto l’invito sperando di riuscire a fare alcune considerazioni serene per onorare due nobili e coraggiosi servitori dello Stato, dell’Italia e di quell’insieme di realtà morali e umane che chiamiamo Patria.
Per di più sono anche un alpino, tenente, quindi un volontario in quanto ufficiale, del 54° Corso Allievi Ufficiali di Complemento della Scuola Militare Alpina di Aosta, e più volte mi è capitato di osservare che marinai e alpini sono molto vicini in spirito per umanità e coraggio.
Entrambi infatti si organizzano spontaneamente e disciplinatamente riconoscendo la
necessità dell’autorità di un comandante in mare e del capocordata o capospedizione nella montagna impegnativa.
Infine sono cittadino vicentino e, anche se questo è generalmente dimenticato, proprio nelle vicinanze della nostra città, a Montecchio Maggiore, fu il comando della Marina della Repubblica Sociale Italiana e a Vicenza concluse la sua vita tragicamente, il 20 ottobre 1943, l’Ammiraglio Antonio Legnani che da appena un mese aveva assunto l’incarico di
Sottosegretario di Stato alla Marina nella nenonata Repubblica Sociale Italiana. Egli perì in quello che da più parti, con importanti testimonianze, come si vedrà in più punti del volume, è stato definito uno “strano incidente” nella periferia della città a Borgo San Lazzaro mentre viaggiava in auto in direzione proprio del Comando di Montecchio Maggiore.
Ma il destino vuole che anche un altro ammiraglio trovi la morte a Vicenza nelle
concitate ultime giornate di guerra al nord. Il 28 aprile del 1945 l’Ammiraglio Ubaldo degli Uberti, responsabile dell’Ufficio Stampa e Propaganda della Marina della RSI, di stanza sempre presso il Quartier Generale di Montecchio Maggiore, viene colpito da militi di un posto di blocco tedesco che non riconosce il veicolo come amico e, gravemente ferito, viene portato in ospedale a Vicenza dove muore poche ore dopo.
Questo secondo episodio è particolarmente toccante per due motivi. Il figlio
dell’Ammiraglio, Riccardo Maria, che stava ritornando dalla Germania, era a Vicenza a
passare la notte mentre il padre moriva in ospedale ma nulla sapeva di quello che stava accadendo.
Altrettanto toccante una singolare circostanza: non molti mesi prima, nel 1944,
l’Ammiraglio passeggiando per Vicenza aveva notato con stupore sulla facciata della
duecentesca chiesa francescana di San Lorenzo lo stemma della sua antica e nobile famiglia Degli Uberti. Lo stemma era in bassorilievo su un’arca sulla quale si leggeva, e ancora si legge, sia pure a fatica, “Qui giace Lapo degli Uberti ”.
Lapo, era figlio del Farinata dantesco, in esilio da Firenze come ghibellino. Politico e poeta, 18 anni più anziano di Dante, fu podestà a Verona e a Mantova e Vicario dell’Imperatore Arrigo VII e incontrò più volte Dante. L’Ammiraglio Degli Uberti scrive subito a Ezra Pound, suo grande amico, “Chissà che anch’io non debba morire ghibellino in esilio per destino”.
Come si leggerà, nel testo sono presenti altri decorati di entrambe le parti in cui fu divisa l’Italia in quell’infelice circostanza ma qui è da ricordare che, come riferito da Emilio, figlio di Antonio Legnani, pochi giorni prima dell’8 settembre 1943, il il padre gli disse: “L’amico Karl Dönitz mi ha preannunciato che, se gli italiani non riprenderanno a combattere a fianco dei tedeschi, mezza Italia, da Milano a Roma, sarà polonizzata, cioè sarà ridotta ad una seconda Polonia perché questi sono gli ordini categorici di Hitler.... Noi siamo destinati a morire, e lo faremo per il Paese perché cercheremo, con il nostro sacrificio di impedirglielo.”
Non solo, pochi giorni prima di accettare la nomina a sottosegretario alla Marina
Repubblicana egli andò a chiedere consiglio all’ottantaquattrenne Grande Ammiraglio Paolo Thaon di Revel, gloria della Marina Militare Italiana, che non aveva aderito alla RSI, eppure gli disse: “Non abbia dubbi o pentimenti per la strada che ha scelto. Si ricordi che in ogni epoca della storia vi sono stati, da ogni parte, grandi patrioti e l’essenziale è che le loro opere e le loro azioni siano state esclusivamente ispirate al supremo bene e interesse della Patria.”
A questo punto voglio ricordare che, mentre in Italia non vi sono cimiteri militari
prima della Grande Guerra, gli USA, che sono una repubblica da quasi un secolo, iniziano a seppellire i loro caduti insieme in aree a cura dell’esercito mezzo secolo prima in quello che diventerà il cimitero nazionale di Arlington e che appena trentacinque anni dopo la fine della guerra di Secessione, nel 1900, il Congresso autorizzò a raggruppare in un’area apposita ad Arlington i soldati confederati in segno di riconciliazione dopo la sanguinosa guerra civile che aveva visto complessivamente circa 700.000 caduti contro i 290.000 della seconda guerra
mondiale e mi chiedo: quando avremo un simile gesto di riconciliazione in Italia?
Ringrazio dunque gli autori di quest’opera che è un contributo alla conoscenza della
nostra storia recente: l’identità di un popolo è costruita sulla memoria del suo passato, in glorie e sofferenze, e onore dunque a tutti coloro che con purezza di cuore hanno fatto quello che ritenevano il loro dovere per la nostra Patria!
Viva l’Italia!
Renzo Carlo Avanzo
Tenente degli Alpini
Commendatore della Repubblica
Vicenza, 12 marzo 2023