IN MEMORIA DI IOLANDA DOBRILLA

23/4/2023

Capodistria, 30 agosto 1926 –
Cottanello, 23 aprile 1944

Iolanda nacque in Istria, più
precisamente a Capodistria, nel
1926. Studiò al Liceo Combi della
sua città e nel 1943, a 16 anni,
decise di mollare tutto e seguire
un ufficiale italiano a Roma, si
trovò quasi subito nell'Italia
tagliata in due dalle vicende
seguite all'armistizio.
Nel tardo autunno del 1943 la
troviamo a Velletri, aggregata in
qualità di traduttrice ed
interprete comando della
Wehrmacht, Iolanda ,come tutta la
popolazione Istriana fiumana e
dalmata, conosceva e parlava
molto bene, oltre che l’italiano,
il tedesco.
Purtroppo dopo un terribile
bombardamento alleato, che si
compì nel novembre 1943, proprio
a Velletri che fece molte vittime
nel reparto cui la giovanissima
era aggregata, decise di tornare
a casa a Capodistria.
Sola e senza mezzi trova rifugio
presso la famiglia di un
falegname, sfollata da Terni,
città martoriata in quegli stessi
giorni dalle bombe. La famiglia
Papucci è sistemata in una
casetta d'affitto a Lùgnola,
minuscola frazione del piccolo
borgo di Configni sull'Appennino,
in provincia di Rieti.
Una terra bellissima, che però
stava vedendo il drammatico
scontro tra le forze italiane e
tedesche contro quelle partigiane
e tra quest’ultime
,particolarmente agguerrite,
spiccava la Banda Manni, che
faceva parte della brigata
comunista «Gramsci», il cui
territorio d'azione si estende
lungo l'Appennino fino
all'Umbria. La comanda Elbano
Renzi ed è forte di circa 400
uomini.
Jolanda, pur trovandosi bene
nella sua sistemazione ed essendo
tratta con rispetto dalla
famiglia ospitante, ha intenzione
di tornare a casa e chiedeva
frequentemente un passaggio alle
truppe tedesche che si stavano
spostando verso il nord Italia.
Questo sommato al fatto che fosse
una ragazza molto graziosa e che
conoscesse molto bene la lingua
tedesca, tramutarono la povera
Jolanda (per la gente del luogo)
in una spia e delatrice.
La poveretta viene arrestata,
onore meglio dire rapita il 24
aprile 1944 proprio dalla banda
partigiana Manni verso la
località di Finocchieto di
Stroncone, la famiglia Papucci
(che la stava ospitando) cerco di
difenderla, ma nulla poté fare di
fronte alla minaccia delle armi.
La povera ragazza venne umiliata,
seviziata e stuprata
reiteratamente per poi essere
uccisa con una bomba a mano, tipo
“Balilla”, il suo corpo fu dato
alle fiamme in una carbonaia... i
suoi resti furono destinati al
pasto per una mandria di maiali.
Non avendo più notizie della
ragazza, la RSI ed i tedeschi
iniziarono le ricerche, il
giovane Primo De Luca della
Guardia Nazionale Repubblicana
indagando sul caso riesce ad
ottenere delle testimonianze
importanti dai contadini della
zona. De Luca riferisce tutto ai
carabinieri di Configni ma non
riesce a tornare al suo comando.
Prelevato anche lui da due uomini
della «Manni», viene portato
verso Vasciano di Stroncone. Lì
in località Le Ville, presso un
fontanile, un vecchio contadino
di Vasciano,Romeo Nazzareno
Feriani, lo vede in mezzo ai
partigiani e ingenuamente
protesta: «Ma che cosa fate? Dai,
lasciatelo andare, è un ragazzo».
Una revolverata gli chiude per
sempre la bocca. Poi tocca a De
Luca, ucciso con una raffica di
mitra alle spalle davanti al muro
del cimitero di Vasciano.
Dovremmo aspettare il 1947 perché
le indagini possano ripartire,
grazie soprattutto al maresciallo
dei carabinieri Angelo Fregoli.

Gli ex partigiani della banda
«Manni» Luigi Menichelli e
Francesco Marasco sono ritenuti
colpevoli dell'uccisione di
Dobrilla, Egisto Bartolucci e
Francesco Marasco sono invece gli
assassini di De Luca e Feriani.
Li inchiodano le testimonianze
dei pastori del luogo che hanno
anche ritrovato i resti
carbonizzati del corpo della
ragazza e visto i maiali affamati
che ne rosicchiavano le ossa.Ma
il 21 novembre 1950 la sezione
istruttoria presso la Corte
d'appello di Roma, presieduta da
Alessandro Varallo, li assolve
perché quelli che hanno compiuto
sono da considerarsi «atti di
guerra». DOPO IL DANNO LA
BEFFA!!!!
Solo pochi anni fa i fratelli
superstiti di Iolanda hanno
saputo la verità sulla fine della
sorella. Nessuno, neppure i
magistrati, si premurò di
informare la famiglia durante
l'istruttoria.
Sua madre non si rassegnò mai
alla sparizione della figlia e
morì con quella spina nel cuore.
Ma forse fu meglio per lei non
avere saputo più nulla.