DOCU-FILM: Imola assegnataria di Medaglia d’oro al Valor Militare per attività partigiana

25/4/2023

di Maria Teresa Merli

12 aprile 2022, la città di Imola presenta il docu-film realizzato con i contributi della Regione Emilia-Romagna, della Sezione di Imola dell’Anpi e della Sezione di Imola dell’Aned e con le sponsorizzazioni di Alleanza delle Cooperative Italiane Imola e di Asscooper Cons. Coop. a r.l. di Imola”. Il film si ripromette di raccontare il ruolo svolto dalla città e dai cittadini nella lotta di liberazione ed esporre “il perché la Città di Imola abbia ottenuto la Medaglia d’oro al Valor Militare per attività partigiana”.
Purtroppo rileviamo che il docu-film nulla racconta perché nulla poteva essere raccontato per giustificare l’attribuzione di tale Medaglia al Valor Militare per attività partigiana alla città di Imola. Il docu-film null’altro è se non un’operazione propagandistica destinata all’indottrinamento delle nuove generazioni.
Passiamo alla disamina.
Rileviamo che:
Nella parte introduttiva al film, l’Assessore Gambi cita due passaggi di rilievo tratti dall’istruttoria della commissione del Ministero della Difesa. Il primo: dal 13/5/1944 alla fine del 1945 ci sono state 150 incursioni aeree con 1700 bombe (vi faccio notare che erano bombe sganciate dalle Fortezze Volanti, cioè i bombardieri degli Alleati, in particolare degli Americani!...) che hanno portato alla morte di oltre 500 civili in città (Imola contava circa 44.000 abitanti allora).
Non contestiamo la citazione dell’Assessore, ma il dato in quanto tale: non capiamo il nesso fra perdita di vite umane, dolore e distruzione con l’attribuzione della Medaglia d’oro al valore militare. Alla città di Rimini, per analoga se non peggiore sorte, il 16/1/1961 fu attribuita la Medaglia d’Oro al Valor Civile dal Presidente Giovanni Gronchi, non al valore militare.
E ribadisco:
non è chiaro il nesso poiché si trattava, appunto, di bombardamenti Alleati.
Il secondo dato citato dall’Assessore si riferisce al fatto che, proporzionalmente al
numero di abitanti, Imola è la città italiana che ha pagato il più alto tributo di sangue e di sacrifici nella lotta contro la dittatura fascista durante il ventennio.

Passiamo al docu-film.
Dopo attenta analisi, rileviamo la sua pressoché completa irrilevanza documentale.
Osservazioni.
Rileviamo che:
Nel cappello introduttivo, il giornalista Alfredo Taracchini Antonaros cita 4 medaglie d'oro e 17 d'argento: non vengono forniti, né in introduzione né a seguire,
maggiori informazioni in merito: a chi siano state assegnate dette medaglie né per quali azioni.
Antonaros fornisce un ulteriore dato oggettivo: i morti per mano delle “squadracce fasciste” sono 21.
È forse questo il dato che va a chiarire il secondo punto esplicitato dall’assessore Gambi in introduzione? (“Imola è la città italiana che ha pagato il più alto tributo di sangue e di sacrifici nella lotta contro la dittatura fascista durante il
ventennio”).

Riteniamo che le azioni partigiane che hanno portato all’assegnazione della medaglia d’oro debbano, a logica, riferirsi a fatti di particolare valore ma ciò non viene documentato.

Riteniamo che, secondo buon senso, l’attività partigiana degna dell’oro della patria dovrebbe aver perlomeno agevolato, o auspicabilmente anticipato, la liberazione della città, ma ciò non pare.

In realtà nel docu-film per quanto riguarda l’azione partigiana non sono esplicitate azioni di valore specifiche se non le seguenti testimonianze:
VITTORIO GARDI racconta di aver attuato atti di sabotaggio ai pali del telefono e della luce. Dopo il suo arresto, durante gli interrogatori, la risposta convenzionale data era: “io non so niente”, secondo sua citazione questa fu “l’arma che salvò
parecchie persone”.
In una cantina a Cantalupo Vittorio Gardi e suo padre, per 8 giorni furono interrogati, denudati, picchiati e torturati. In seguito alla Stazione di San
Ruffillo (Bologna) furono fucilate persone. Gardi mostra la lapide con i 7 caduti di Osteriola.
Legge i nomi: Gollini Vladimiro, Cardelli Otello, Volta Angelo, Contoli Candido, Frascari Zeno, Suzzi Enea, Gardi Armando, suo padre, poi insignito di medaglia di bronzo al valore militare.
VIRGINIA MANARESI produceva la dattilografia dei volantini, fu in seguito arrestata e rinchiusa nel carcere della Rocca, subendo percosse, fu in seguito trasferita a San Giovanni in Monte e poi a Bolzano dove, fuggendo, si unì ai partigiani della Val di Non.
VITTORIANO ZACCHERINI, in un’intervista del 2013 racconta di essere stato arrestato, picchiato e interrogato in Rocca poi consegnato alle SS. Poi fu deportato a Bolzano in un luogo simile a Mathausen, tutti erano contrassegnati con un numero.
Dopo 5 mesi di detenzione pesava 28chilogrammi.
LIVIA MORINI, in un’ intervista del 1992 racconta l’inventiva delle donne partigiane, la loro forza: le donne stesero il corpo di un tedesco sotto delle frasche, passarono i tedeschi ma non si accorsero di nulla.
RICCARDO BENFENATI è testimone delle esplosioni e della distruzione degli uffici Cogne (bombardamento Alleato, ribadiamo ancora).
Il Benfenati fu chiamato alle armi con lo scaglione del ‘26 ma decise di non presentarsi. Aveva 18 anni.
Si diede alla macchia e si unì, dopo una quindicina di giorni, al gruppo partigiano guidato dal comandante Bob (1) e poi a quello di Carlo Nicoli. Si armò di pistola e bomba a mano nella cintura. Mostra una foto. È sdraiato a terra: lui divenne il mitragliere della compagnia.

Proseguendo, riteniamo che debbano considerarsi semplici testimoni i sigg.
LIDIA CIARLATANI di Sassoleone.Ella racconta la rappresaglia nazista di cui rimasero vittime 60 persone, racchiuse nel campanile poi fatto saltare. Purtroppo perse la madre e un suo cugino perse un occhio. Lidia aveva 12 anni.
EZIO FERRI testimone, all’epoca ospite di Santa Caterina, narra l’attività di Don Giulio il quale possedeva un fucile e nascondeva i partigiani sia a Santa Caterina
che al Carmine, probabilmente anche presso le Clarisse.
MINO CERONI testimone del 14 aprile, giorno della liberazione, in cui i polacchi con il generale Anders arrivarono a Imola. Pone grande enfasi sul fatto che Imola fosse deserta, nessuno per le strade. Non cita la presenza di partigiani di sorta né in centro né alla stazione ove egli si reca.
Le uniche persone che incontra sono Rafuzzi Raffaele, suo vicino di casa, e Zaccherini, un ragazzo con cui giocava a calcio.
Simile testimonianza quella della signora ELSA ALPI la quale vede due tedeschi per la strada e solo nel pomeriggio tardi i Polacchi ed esprime infine giusta soddisfazione per la fine di un percorso molto duro: il vestito se lo fece con il sacco dello
zucchero dei polacchi.
La testimonianza della signora Alpi peraltro coincide con ciò che è noto: a Imola le ostilità belliche terminarono in maniera incruenta il 14 aprile 1945 con la fuga nella mattina di due tedeschi in motocicletta e l’arrivo nel pomeriggio delle truppe polacche.
Dissentiamo quindi con l’affermazione della docente Roberta Mira che afferma che quando le truppe polacche entrarono a Imola trovarono, già in piazza, i partigiani delle SAP.
Infine il sig. MINO CERONI annuncia la fine di tutto e il suono del campanone.
Rileviamo con stupore che nulla viene raccontato di reali valorose azioni partigiane.

La docente prof.ssa Roberta Mira, relatrice nel docu-film, pone enfasi sul partigiano Elio Gollini, il quale raccolse la documentazione necessaria a testimoniare l’attività partigiana. Egli era altresì redattore del foglio comunista, LA COMUNE. La docente non menziona altri partigiani di rilevo.

Rileviamo con stupore che i fatti del pozzo Becca in cui furono ritrovati 16 corpi di partigiani (di cui un imolese: Domenico Rivalta, poi decorato con Medaglia d’oro al valor militare) barbaramente uccisi dai tedeschi, vengano liquidati in poche frasi
e ancora più breve sia la dissertazione a proposito del linciaggio di 16 fascisti in via Aldrovandi e via Cosimo Morelli, lasciata in totale approssimazione narrativa e liquidata come cagionata da mera ritorsione popolare dopo la precedente “scia di sangue fascista”. Ora, per amore di giustizia, bisognerebbe ricordare ed onorare almeno i giovanissimi Cornazzani Luigi di anni 17; Fedrigo Francesco di anni 17; Folli Ilario di anni 17; Masi Giulio di anni 20; Trerè Pietro di anni 15 ivi trucidati dalla barbarie locale e mai ricordati dalla attuale o precedenti Amministrazioni.

Rileviamo con stupore che partigiani di spicco ai quali sono dedicate vie cittadine non sono menzionati. Ci chiediamo, come mai sono ignorati dalla narrazione?

In conclusione direi che l'intento del film: “dirci perché Imola sia stata insignita di Medaglia D'oro al Valor Militare per attività partigiana” sia stato completamente disatteso.
Purtroppo occorre rilevare che il film risulta monco o addirittura artefatto secondo una scaltra ma vuota manipolazione di marketing destinata all’indottrinamento dei
nostri studenti: infatti, già in data 13 aprile 400 alunni imolesi sono stati oggetto di iniziatica manipolazione e accompagnati ad assisterne la visione secondo lo
stile sistematico e insistente di chi da decenni costruisce le proprie campagne elettorali sull’ideologia comunista.

Purtroppo storia amputata quella del docu-film imolese, sbrodolato di fatti storici nazionali e mai calzante sugli eventi che colpirono Imola.

In realtà, “dopo il 25 aprile la strage contro i vinti - ormai inermi e indifesi - fu
indiscriminata, insistente e crudele”(2), la fausta liberazione dal nazi-fascismo, non fu gioia per tutti, anzi si trasformò in giornata di lutto per ben 107 famiglie imolesi, tante furono le persone massacrate all'indomani della liberazione, undici di dette vittime furono donne.
Di costoro, undici avevano 18 anni e meno di 18 anni; l'ausiliaria Luciana Minardi aveva 16 anni. La famiglia Biondi (padre, madre, la figlia di 25 anni, un figlio di
17) furono sterminati, in casa loro una notte dell'autunno 1945; Bruno Liverani, giovane ufficiale, fu linciato in piazza il 29 agosto 1946; Giulio Cavulli, monarchico di 25 anni, cadde sull'uscio di casa per mano di «sconosciuti»
giunti dalla bassa imolese, il 14 luglio 1948.
Questo elenco non è mai stato completato poiché ci fu, soprattutto nei primi anni, gente assai reticente a confessare e ad ammettere la scomparsa dei propri
cari. Per paura di rappresaglie, si capisce.

E prima del fatidico 25 aprile? Spulciamo, fra i tanti nomi, quello del Maggiore Gernando Barani il quale fu ucciso davanti a casa da gente che lo colpì alle
spalle la sera del 4 novembre 1943. Fu assassinato con tre revolverate alla schiena,
rincasava in bicicletta: un galantuomo e un patriota rispettato da tutti. Forse si
tratta del primo italiano caduto in un agguato. Chiedo: ai sicari il Comune ha sì o no dedicata una strada a Imola? (3)
La maestra Nanni Pierina, insegnante e donna esemplare, fu freddata a due passi dalla scuola di Pediano, dove la poveretta abitava, la sera del 14 maggio 1944, da alcuni “combattenti per la libertà” (4).
E ancora la fine esecranda (22 maggio 1944) del Console Gustavo Marabini colpito a tradimento dalla cosidetta «primula rossa» (5) che fece credere di volersi arrendere e con il quale il Console aveva concordato un incontro distensivo e disarmato.

Nel 1986, dopo quindi un'attesa di 41 anni, il gonfalone di Imola fu insignito della Medaglia d'Oro al Valor Militare per attività partigiana, ma, come ben sintetizzato da Alfredo Taracchini Antonaros, a seguito di “grande lavorio di lettere partite dal
palazzo comunale, richieste del sindaco, viaggi a Roma”.

E dopo 77 anni la nostra città produce un docu-film dal sapore edulcorato e dai fini
propagandistici, povero nei contenuti che certo non potevano essere, se oggettivamente esplicitati, oggetto di gloria.


(1) Luigi Tinti
(2) cit. Italo Merli
(3) (via) Livio Poletti
(http://www.iperbole.bologna.it/i
p
erbole/isrebo/strumenti/P4.pdf)
pagina 8
(4) persona alla quale fu poi poi
assegnata una medaglia d’argento
al valor partigiano e intitolata
una strada nel quartiere Zolino
(Istruttoria questura di
Bologna).
(5) il capo partigiano Silvio
Corbari

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PER RIFERIMENTO E CONFRONTO
RIPORTIAMO QUI DI SEGUITO IL
TESTO
INTEGRALE DEL DOCU-FILM.
Le parole dei testimoni sono
state
schematizzate poichè il loro
racconto risultava spontaneo e
libero, impossibile da riportare
integralmente, talvolta con
espressioni dialettali. Fra
parentesi, accanto al nome, ho
specificato il ruolo dei
narratori.

Premessa:
“il Comune di Imola in
collaborazione con il Cidra ha
realizzato il docu-film Per
un'idea di libertà. Imola
Medaglia
d'oro, che racconta il ruolo
svolto dalla città e dai
cittadini
nella lotta di Liberazione ed
espone perché la Città di Imola
abbia ottenuto la Medaglia d’oro
al valore militare per i
sacrifici
delle sue popolazioni e per la
sua
partecipazione alla lotta
partigiana durante la seconda
guerra mondiale. La Medaglia è
stata conferita con decreto del
Presidente della Repubblica
Sandro
Pertini il 12 giugno 1984 ed è
stata consegnata al Comune di
Imola il 12 aprile 1986 dal suo
successore il Presidente
Francesco
Cossiga.
Il docufilm è stato realizzato
con
i contributi della Regione
Emilia-
Romagna, della Sezione di Imola
dell’Anpi e della Sezione di
Imola
dell’Aned e con le
sponsorizzazioni di Alleanza
delle
Cooperative Italiane Imola e di
Asscooper Cons. Coop. a r.l. di
Imola”.

DOCU-FILM - IMOLA MEDAGLIA D’ORO

ALFREDO TARACCHINI ANTONAROS
(giornalista):

Quello che è accaduto è stato per
Imola sicuramente un enorme
avvenimento. Piazza Matteotti era
strapiena di di folla, c'era la
banda dell'esercito, c'erano
musiche, c'erano bambini, donne,
tantissimi colori, bandiere,
probabilmente un evento così
importante nella grande piazza di
Imola non c'era dai tempi della
liberazione, quindi dal 1945.
Cos'era successo? Era successo
che
dopo grande lavorio di lettere,
partite dal palazzo comunale,
richieste del sindaco, viaggi a
Roma si era riusciti finalmente a
dare ad Imola un riconoscimento a
cui la città teneva tantissimo.
La
città aveva già visto
l'assegnazione di 4 medaglie
d'oro
e 17 medaglie d'argento a persone
che avevano combattuto per la
liberazione di Imola. Si fece la
domanda che anche la città fosse
assegnata la medaglia d'oro e
Roma
decise che Imola meritava
effettivamente una medaglia: una
medaglia d'argento. Per cui si
cominciò a pensare che fosse
opportuno insistere ancora,
bastarono di nuovo alcuni anni e
finalmente a metà degli anni 80
ci
fu questa comunicazione che alla
città era stata assegnata la
medaglia d’oro. Grande
entusiasmo,
anche perché ad assegnare la
medaglia d'oro alla città vuole
essere un grande partigiano,
forse
il più famoso partigiano
italiano,
almeno in quel momento: era
Sandro
Pertini, però accade che cambia
la
presidenza della Repubblica e
subentra Francesco Cossiga. Il
sentimento più comune, più
diffuso, secondo me, era quello
di
sentire di partecipare ad un
evento storico importante, quando
la città fu liberata quel 1945,
21
erano stati gli imolesi uccisi
dalle squadracce fasciste lungo
le
strade. Più di metà delle case
erano praticamente distrutte a
Imola, ma era successo anche di
peggio durante il regime. Erano
passati quasi quarant'anni da
quegli eventi che non era tanto
la
memoria in sé per sé, di fatti
specifici che ci interessava di
esumare, ma ciò che per noi era
fondamentale era far capire come
gli ideali su cui quella notte
era
stata innestata, quella notte era
partita, erano ideali ancora del
tutto attuali. La narrazione è
importante perché, se è fatta
come
si deve, diventa un momento di
resurrezione, far rinascere i
fatti che sono accaduti nel
passato, ma fa anche
riconsiderare
il presente, ridandogli una vita
nuova è ciò che ci premeva era
costruire una narrazione che
facesse capire come la difesa
della libertà sia un impegno che
riguarda ciascuno di noi, che ci
riguarda tutti i giorni.

a) ROBERTA MIRA (docente a
contratto UNIBO)

Nel luglio 1943, gli alleati
sbarcano in Sicilia e l'Italia si
viene a trovare in una posizione
piuttosto complicata, principale
alleata della Germania nazista,
avversaria degli inglesi e degli
americani, ha ora i nemici sul
territorio italiano e da una
parte
il re Vittorio Emanuele III
dall'altra alcuni gerarchi
fascisti cominciano a pensare che
sia necessario uscire dalla
situazione di guerra e
soprattutto
trovare un capro espiatorio, che
viene individuato per entrambe le
parti in Benito Mussolini. Il 25
luglio 1943 il re coglie
l'occasione di un voto
sfavorevole
a Mussolini da parte del Gran
Consiglio del fascismo che ha
votato un ordine del giorno
presentato da Dino Grandi di
Mordano e fa arrestare il Duce
dando il governo in mano al
Generale Pietro Badoglio. La fine
del fascismo coincide, nella
testa
delle persone, con la fine del
conflitto e le piazze d'Italia,
Imola compresa, vedono una festa
popolare per la fine della
guerra.
Si tratta in realtà di
un’illusione. Ben presto
Badoglio
e il governo chiariscono che la
guerra va avanti, il re e il
nuovo
governo in realtà hanno aperto
trattative segrete con gli
alleati, ma non vogliono far
capire ai tedeschi che questa è
la
direzione che il governo ha
preso.
Quando viene data la notizia
dell'armistizio, l'8 settembre
del
43, la popolazione è colta
impreparata, l'esercito italiano
colto impreparato, viene lasciato
praticamente senza ordini e i
tedeschi invece, che avevano
capito da tempo che l'Italia si
stava spostando rispetto
all'alleanza con la Germania
nazista, sono pronti a prendere
il
possesso del territorio e il
controllo della situazione. A
questa presenza dei tedeschi si
affianca ben presto il partito
fascista repubblicano che
nell'estate del 44 si trasforma
anch’esso in un corpo militare
(...e quello che è di là a
venire). I tedeschi sono
interessati a Imola per la sua
posizione lungo la via Emilia e
lungo alcune strade che
attraverso
l'appennino congiungono il Sud
come il Nord Italia e che vengono
ad attraversare nel corso dei
mesi
il fronte vero e proprio sulla
linea gotica. E sono interessati
a
Imola anche per la presenza di
industrie di produzione bellica
come per esempio la Cogne e per
il
resto della produzione agricola e
industriale. Quindi, quando
occupano la città intendono
mantenere il controllo della
situazione e potersi muovere
liberamente per quelli che sono i
loro interessi militari e di
gestione di sfruttamento delle
risorse italiane.
Successivamente l'atteggiamento
tedesco si inasprirà. Vedremo che
anche i tedeschi saranno
responsabili di molti eccidi sul
territorio.
I fascisti invece, fin da subito,
iniziano un'opera di vendetta nei
confronti di quelli che ritengono
essere oppositori o pensavano
essere gli oppositori e si
rendono
responsabili di numerosi arresti
e
di uccisioni di antifascisti e di
partigiani.

LIDIA CIARLATANI di Sassoleone
(testimone)
narra:
i tedeschi (e c’era anche la
milizia): “andate dentro il
campanile”... e poi l’hanno fatto
scoppiare. Dentro c’erano 60
persone.
Incendi nelle case (con fienile
adiacente).
Condotti dalle SS con il fucile
spianato.
C’erano anche due persone
mascherate di nero (sicuramente
del luogo)
La mamma fu uccisa.
Il cugino perse un occhio e
ferito
ad una spalla.
Lidia aveva 12 anni, suo
fratellino 4.
La zia fece loro da mamma.

b) ROBERTA MIRA

A Imola l'organizzazione
dell'opposizione alla Repubblica
Sociale Italiana e
all'occupazione
nazista è piuttosto precoce:
abbiamo già alla fine del luglio
del 43, dopo l'arresto di
Mussolini, il primo comitato
clandestino di cui fanno parte i
partiti antifascisti e questo
comitato diventa dopo
l’armistizio
del 8/9/1943 il Comitato di
Liberazione Nazionale.
I primi gruppi armati a Imola si
formano già dell'inverno 43/44 e
dobbiamo attendere almeno la
primavera prima di arrivare ad
avere delle formazioni in grado
di
agire in modo efficace perché la
resistenza va costruita a partire
dalla decisione di diventare
partigiani, e non è semplice
decidere di combattere una
guerra,
di usare le armi, di usare la
violenza contro altri esseri
umani
senza avere quello scudo che è
rappresentato da una divisa di un
esercito regolare che combatte
per
uno Stato legittimo. I
partigiani
fanno questa scelta in piena
autonomia, in un vuoto di potere
politico che pone notevoli
difficoltà. A Imola è molto forte
l'impulso che viene dal partito
comunista che ha mantenuto
un'organizzazione clandestina
anche gli anni del regime
fascista
e che quindi è più pronto di
altri
partiti. Ma la maggior parte dei
partigiani è composta da giovani
che, cresciuti negli anni del
fascismo, sono chiamati a
prestare
servizio militare, quindi a
continuare la guerra a fianco dei
tedeschi nelle formazioni della
Repubblica Sociale e loro
scelgono
la via della resistenza
essenzialmente per sfuggire ai
bandi di chiamata che minacciano
la fucilazione per chi non si
presenta ai comandi. Pur essendo
appunto la resistenza una
minoranza, troviamo nella
resistenza giovani, persone più
anziane, troviamo uomini, donne e
troviamo rappresentati le varie
classi sociali: impiegati,
studenti, contadini, operai: uno
specchio dell'intera società.
E i primi gruppi che vanno verso
l’Appennino a sud di Imola danno
vita nel corso del tempo alla 36a
Brigata Garibaldi, una delle
principali Brigate di montagna
dell'Appennino Tosco Emiliano e
nell'estate - autunno del 44,
quando la linea gotica che passa
proprio alle spalle di Imola
diventa il caposaldo della difesa
tedesca in Italia, e gli alleati
Anglo americani puntano sul suo
sfondamento per poter arrivare
nella Pianura Padana e porre fine
alla guerra, la 36a brigata si
trova al centro dello
schieramento. Cito solo il grande
combattimento di Monte Battaglia
che entra anche nella
documentazione ufficiale degli
alleati come riconoscimento
all'attività partigiana.

In città e in pianura abbiamo una
situazione che è completamente
diversa: qui la presenza fascista
e tedesca è molto più forte,
quindi i gruppi partigiani devono
essere più piccoli e devono
vivere
secondo delle norme di stretta
contiguità. In particolare
nell'imolese abbiamo un
distaccamento dei gruppi di
azione
patriottica GAP della settima
brigata di Bologna e abbiamo le
squadre di azione patriottica le
SAP.
Quello che oggi sappiamo della
resistenza imolese, in gran gran
parte viene dal lavoro che i
partigiani di allora hanno fatto
in mezzo a mille difficoltà per
raccogliere la documentazione
necessaria a testimoniare la loro
attività. In particolare mi viene
in mente la figura di Elio
Gollini, partigiano imolese,
importante dirigente prima del
fronte della gioventù e poi delle
squadre d'azione patriottica
(delle SAP) e redattore del
foglio
comunista, LA COMUNE che ha
raccolto nel corso della sua
attività partigiana, nonostante
la
necessità di rimanere nascosto e
di stare in clandestinità per non
farsi catturare, una grande mole
di documenti. Elio Gollini era
molto giovane, allora aveva
appena
vent'anni eppure fece questa
scelta difficile e partecipare
alla resistenza era
particolarmente difficile,
proprio
perché in città, dove Gollini
agiva, la presenza dei fascisti,
dei nazisti era molto
consistente:
era chiaro che esporsi in
attività
di opposizione metteva a rischio
la vita stessa dei partigiani.
Tant'è vero che nel caso di Elio
Gollini, sulla sua testa era
presente una taglia, in qualche
modo era minacciato di morte e se
fosse stato catturato sapeva già
che sarebbe stato impiccato a un
lampione della piazza centrale di
Imola.

VITTORIO GARDI (testimone
partigiano)
cita atti di sabotaggio ai pali
del telefono, pali della luce

c) ROBERTA MIRA
Le azioni che questi gruppi fanno
sono le più svariate, vanno dal
reperimento di armi alla
distribuzione della stampa
clandestina e quindi alla
propaganda verso la popolazione e
si crea una vera e propria rete
di
portaordini, di staffette, di
informatori, di addetti alla
logistica, di addetti al servizio
sanitario, al reperimento di
materiale utile alla resistenza e
una rete parallela anche di case
sicure, di luoghi di incontro, mi
viene in mente il Carmine di
Imola
per esempio, di depositi di armi,
munizioni e di materiale.

EZIO FERRI (testimone, ospite di
Santa Caterina)
Al Carmine i probandi (i futuri
sacerdoti) si rendevano utili.
Al Carmine si nascondevano i
partigiani.
Don Giulio nascondeva sotto
l’abito/la mantella un fucile da
guerra, il Ferri ne fu testimone
un giorno in Via Case di Dozza,
quando era con Don Giulio.
Non sa che fine abbia fatto
questo
fucile, se qualcuno l’avesse
preso
in dotazione.
Forse le suore Clarisse
collaboravano e non si sa se il
fucile di Don Giulio fosse presso
di loro custodito. “Don Giulio
faceva cose rischiosissime”.

d) ROBERTA MIRA
senza questa rete la resistenza
non potrebbe agire, non potrebbe
svilupparsi, non potrebbe
organizzarsi sul territorio,
quindi capiamo che la resistenza
armata non è l’unica forma di
resistenza

LIVIA MORINI (testimone,
intervista del 1992)
Le donne e la Resistenza, la loro
forza.
“la resistenza è stata tutta da
inventare”
Le donne stesero il tedesco con
delle frasche, passarono i
tedeschi ma non si accorsero di
nulla.
Aggiunge: “La stampa è molto
importante: la popolazione aveva
diritto di sapere le cose vere,
non quelle trasmesse per radio”

VIRGINIA MANARESI (testimone
partigiana)
Scriveva a macchina e per non
farsi sentire dal vicino di casa
fascista utilizzava coperte per
attutire il rumore della macchina
da scrivere, finiti di scrivere i
volantini li portava al capo. A
volte brutte notizie erano
recapitate e rientrava piangendo.

VITTORIO GARDI (testimone
partigiano)
nel video si trova nel cortile
dove conducevano le persone.
Indica la scala che conduceva in
alto. Lì subivano gli
interrogatori.
“I nostri vecchi ci avevano
insegnato di rispondere “io non
so
niente”, questa fu l’arma che
salvò parecchie persone”.
In una cantina a Cantalupo,
Vittorio e suo padre furono
interrogati tutta la notte e nel
piano superiore furono denudati,
picchiati e torturati. Per 8
notti
fu la stessa cosa. C’erano molte
altre persone, uomini e donne.
Il padre fu caricato su sidecar e
quella fu l’ultima volta che vide
il padre.
Stazione di San Ruffillo:
fucilazione. Mostra la lapide con
i 7 caduti di Osteriola. Legge i
nomi: Gollini Vladimiro, Cardelli
Otello, Volta Angelo, Contoli
Candido, Frascari Zeno, Suzzi
Enea, Gardi Armando, medaglia di
bronzo al valore militare, suo
padre.

VIRGINIA MANARESI (testimone
partigiana)
29/11/44: Fu denunciata da una
compagna di scuola. Un conoscente
la avvisò.
Fu arrestata e portata in carcere
nella Rocca di Imola.
Temeva che fossero arrestati i
genitori.
Rimase 3 giorni. Venne picchiata.
Dopo fu rinchiusa nelle carceri
di
San Giovanni in Monte a Bologna e
poi a Bolzano.
Scappò e si unì ai partigiani
della val di Non.

VITTORIANO ZACCHERINI (testimone
partigiano, intervista del 2013)
Arrestato, picchiato e
interrogato
in Rocca poi consegnato alle SS.
Poi mandato a Bolzano e in un
luogo simile a Mathausen. Davanti
al campo tante persone con
vestito
a righe blu e bianche, scheletri.
Ognuno era un numero, lui il
115778.
La sopravvivenza nel campo era di
5/6 mesi, stando bene. "Se si
marcava visita era la fine".
Lui fu trattenuto dal 5 dicembre
al 5 maggio 1945.
Pesava 28 chilogrammi. Lo
pesarono
gli americani. Gli
preannunciarono
una settimana di vita.
In seguito il dolore di rimanere
vivo risultò quasi una colpa nei
confronti di chi morì, di quei
genitori che non poterono più
rivedere i figli.
Non era creduto nei suoi
racconti,
nemmeno dai compagni partigiani,
nemmeno dai familiari.

e) ROBERTA MIRA
Imola nelle grandi retrovie è
fatta segno di bombardamenti e di
cannoneggiamenti e la popolazione
vive per lunghi mesi a contatto
con la guerra direttamente ed è
vittima anche di episodi non
direttamente legati alla violenza
nazista o fascista, ma è vittima
di bombardamenti, di
cannoneggiamenti, di morti che
sono legati al contesto di
guerra.
Il 30 gennaio del 1945 siamo dopo
le 09:00 di sera Imola comincia
ad
essere bombardata con granate,
senza nessun avviso e quindi
anche
per le persone era difficile
avere
il tempo di potersi rifugiare,
nascondere, mettersi al riparo. E
c'è una lettera di poche
settimane
dopo:

Imola, 19 Febbraio 1945. Al
soprintendente bibliografico di
Bologna. Mi corre il dovere di
informarvi che la sera del 30
gennaio scorso alle 21:35.
L'edificio della nostra
biblioteca
è stato colpito da una granata,
penetrata ed esplosa entro la
stanza al piano terreno, che per
concessione dell'amministrazione
del comune era stata lasciata in
uso all'ex Bibliotecario signor
Romeo Galli, fin da quando, per
raggiunti limiti di età, fu
collocato a riposo. Due familiari
del signor Galli, la nuora e la
cognata, hanno trovato la morte.

E un'altra testimonianza che ci
racconta di questi anni, di Imola
sotto il terrore, scritti da una
donna all'epoca, una ragazza
speciale è il racconto di Rosa
Maiolani, lei all'epoca, nel ‘40
aveva 14 anni, quindi poco più di
una ragazza scrive:
“Giorno e notte, sempre granate e
mitraglia di Pippo e noi qua
sotto
a farci ammazzare. Tra città e
campagna sono centinaia al giorno
le granate che arrivano e
distruggono e ammazzano.
In questi giorni il comune sta
allestendo delle cantine da
adibire a rifugio anti aereo.
Così
fanno anche i signori di Imola
nei
loro palazzi e tanti imolesi
nelle
loro case. Speriamo che non ce ne
sia bisogno. Però gli allarmi con
le sirene e i rintocchi del
palazzo comunale sono sempre più
fitti. Ne finisce uno, ne
comincia
un altro, vuol dire che le
fortezze volanti sono sempre
nelle
vicinanze.”

RICCARDO BENFENATI (testimone
partigiano)
alla Cogne facevano proiettili e
cannoni, molti operai uscivano da
dietro verso la campagna.
Bombe caddero in via Selice e
molte nel canale che costeggia la
Selice.
Testimone delle esplosioni e
della
distruzione degli uffici Cogne.
Lo scaglione del ‘26 fu l’ultimo
chiamato alle armi.
Due giorni dopo decise di non
presentarsi. Aveva 18 anni.
Prese la bicicletta e andò a
Cognale. 2 giorni dopo i tedeschi
fecero un rastrellamento. Da 15
giorni vagava per i boschi, con i
vestiti laceri. Incontrò un
drappello di uomini armati che
attraversavano il sentiero. Si
definisce renitente alla leva,
sbandato, propose di unirsi a
loro. Loro dissero che avrebbe
dovuto armarsi da solo. Lo
portarono dal comandante Bob
(Luigi Tinti n.d.r.). Carlo
Nicoli
dopo alcuni mesi fu nominato a
capo di un battaglione. Lui si
armò di pistola e bomba a mano
nella cintura. Era pronto a farsi
saltare se fosse stato catturato.
Da quel momento non si sentì più
ragazzo, ma uomo, "si cambia, si
diventa qualcun altro".
Mostra un foto. È sdraiato a
terra: lui è divenuto il
mitragliere della compagnia.

f) ROBERTA MIRA
All’inizio dell’aprile 45 gli
Anglo americani riprendono le
operazioni militari, sfondano
definitivamente il fronte e
irrompono nella pianura Padana.
Il
14 Aprile del 1945 le prime
truppe
polacche entrano a Imola e
trovano
però a Imola, già in piazza, i
partigiani delle SAP.

MINO CERONI (testimone)
non era capace di stare in casa.
Imola era DESERTA, DESERTA:
NESSUNO! In fondo la strada vide
Rafuzzi Raffaele suo vicino di
casa. Insieme vanno verso la
stazione e, sembrava che giocasse
a nascondino, c’era Zaccherini
(Zaccherini Giorgio? n.d.r.), che
di solito giocava a pallone con
lui a palazzo Monsignani. Li
riconosce. Non c’era nessun altro
in giro.

ELSA ALPI (testimone)
vide due tedeschi, poi pomeriggio
tardi arrivarono i Polacchi.
Uscirono due tedeschi che si
erano
nascosti.
Suonarono le campane.

MINO CERONI (testimone)
era finito tutto.
Il campanone suonò.

ELSA ALPI (testimone)
soddisfazione per la fine di un
percorso molto duro. Il vestito
se
lo fece con il sacco dello
zucchero dei polacchi.

g) ROBERTA MIRA
La festa è una festa molto grande
per la liberazione, è un momento
di gioia incontenibile.
Però questo momento di gioia è
guastato dalla scoperta nei
giorni
immediatamente successivi degli
ultimi episodi di violenza
efferata compiuti dalle Brigate
Nere. Proprio nella notte
precedente la liberazione della
città le Brigate nere che
abbandonano Imola prelevano dal
carcere della Rocca gli ultimi
antifascisti che sono in loro
custodia li portano nello
stabilimento ortofrutticolo Becca
e li uccidono abbandonando i loro
corpi all’interno di un pozzo
artesiano per celare l'omicidio.
I
corpi vengono trovati nel pozzo
proprio nei giorni successivi
alla
liberazione e questo è un
episodio
che lascia una profonda ferita
nella popolazione imolese che si
va ad aggiungere a quelle che già
la popolazione aveva subito e nel
corso dei 20 mesi della guerra.

Purtroppo a Imola, abbiamo lo
stesso un'esplosione di violenza
incontrollata nel linciaggio di
alcuni fascisti che vengono
prelevati da alcune carceri in
Veneto, portati a Imola perché
vengano processati e assaltati,
feriti dalla folla e uccisi
proprio per reazione alla grande
scia di sangue che era stata
lasciata dall'azione fascista e
nazista in città.

A Imola viene avviata
l'operazione
di conservazione di costruzione
della memoria della resistenza
anche con un'imponente funerale
pubblico collettivo dei caduti
della resistenza imolese che si
tiene in centro a Imola
nell'ottobre del 45.

Imola è una città importante
anche
per il tipo di resistenza che si
viene a creare, perché qui c'è
una
forte brigata di montagna, c'è
una
forte resistenza anche in pianura
e in città e c'è un'adesione
piuttosto alta della popolazione
civile alle attività partigiane e
che verranno poi riconosciute con
l'assegnazione della medaglia
d'oro per la partecipazione alla
lotta di liberazione da Imola e
degli imolesi.