PICCOLI EROI ITALIANI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE: I FRATELLI GIOVANELLI
6/5/2025di Pietro Cappellari
La guerra ai civili condotta dagli Alleati
durante il Secondo conflitto mondiale si
concretizzò soprattutto nell’uso dell’arma
aerea contro le popolazioni civili dei
Paesi nemici. Crimini contro l’umanità dei
quali gli Angloamericani non hanno mai
reso conto, né davanti ad un Tribunale
internazionale, né davanti alla Storia.
Eppure, di quell’enorme deserto di macerie
e di morte lasciato dalle Aviazioni
alleate, ancor oggi, vi è testimonianza.
Molte sono ancora le abitazioni sfregiate,
molte sono ancora le bombe inesplose che,
periodicamente, vengono ritrovate e rese
inoffensive con laboriose operazioni di
disinnesco.
Anche se è vietato indicarne la
nazionalità.
Milano fu una delle città attenzionate dai
cosiddetti “Angloassassini”, che nella
loro missione “liberatrice” provocarono la
morte di oltre 80.000 Italiani, colpevoli
solo di essersi trovati nel posto
sbagliato, nel momento sbagliato. La
guerra psicologica condotta dagli Alleati
prevedeva, infatti, di colpire le
popolazioni direttamente, in modo da
fiaccarne lo spirito di resistenza.
I rapporti stilati a conflitto già
iniziato indicavano in un milione e
centomila gli abitanti della città [di
Milano], che gli stessi studi descrivevano
divisa a cerchi concentrici, il più
interno dei quali (centro storico,
all'interno della cerchia dei Navigli)
risultava essere anche il più vulnerabile
in caso di intenso attacco aereo, sia
perché maggiormente abitato, sia per la
vicinanza tra loro delle costruzioni, con
strade prevalentemente strette. Si
prevedeva così, in caso di bombardamento
anche mediante spezzoni incendiari, un
facile propagarsi del fuoco, pur dovendosi
sottolineare che gli stessi rapporti
spionistici si rammaricavano per il
materiale impiegato per la costruzione
degli edifici, e cioè quasi esclusivamente
mattoni e cemento, causa questa di
maggiore difficoltà nel propagarsi degli
incendi, i quali invece avevano dato
grandi risultati nelle città
tedesche, ove abbondava l’impiego di
materiali lignei.
Alla luce di tutto ciò, il bombardamento
sistematico fu in un primo momento (fino a
tutto il 1943) rivolto a colpire la città
“civile”, mirando su case e popolazione,
affinché questa terrorizzata spingesse sul
Governo a chiedere un armistizio 1.
Il primo bombardamento del 1943 su Milano
si registrò nella notte del 14 Febbraio.
La quiete della
sera fu drammaticamente interrotta dal
preallarme delle 21:30 e dall’allarme
generale delle 22:06.
Trenta minuti dopo, 138 quadrimotori
pesanti Lancaster della Royal Air Force
attaccarono il
capoluogo lombardo. Vennero sganciate 110
tonnellate di bombe esplosive e 166
tonnellate di
ordigni incendiari. Furono utilizzate
anche 45 Blockbuster, bome da quattromila
libbre, piene
ognuna di 1.820 chili di tritolo. I
Britannici le chiamavano “cookies”
(biscotti) e servivano per
spazzare via in un solo colpo un intero
blocco di edifici.
Risultarono danneggiate l’Alfa Romeo, la
Caproni, la Isotta Fraschini, la Centeneri
e Zinelli e la manifattura tabacchi. Danni
poi allo Scalo Farini, a Porta Genova, al
deposito tranviario di Via Messina e a
quello degli autobus di Corso Sempione.
Inoltre, 35 aree civili danneggiate in
Corso Roma, presso il Duomo, all’Arena, in
Via Mario Pagano, Piazzale Loreto, alla
Stazione centrale nei pressi della
Università Cattolica.
Secondo i rilievi italiani dei giorni
seguenti, danneggiati risultarono numerosi
cinema, la centrale del latte,
diverse centrali Stipel, più 203 case
distrutte e 220 gravemente danneggiate,
376 con danni importanti, e
più di 3.000 quelle con danni lievi. Gravi
danni subì il “Corriere della Sera” in Via
Solferino.
Per quanto riguarda il patrimonio
culturale ed artistico, danneggiate
risultarono le chiese di S. Maria del
Carmine, S. Lorenzo, S. Giorgio al
Palazzo. Inoltre il Palazzo Reale, la
Pinacoteca Ambrosiana, la Permanente, la
Galleria d’arte moderna, il Conservatorio.
Per domare gli incendi dovettero
intervenire anche i Vigili del Fuoco di
Bologna, oltre a quelli di tutte le
province vicine. Alle otto del mattino
seguente riprese la circolazione dei tram
e dei treni alla Stazione centrale.
1
Il conteggio dei morti si attestò su 133,
con 442 feriti. I senza tetto risultarono
7.950, ma pochi giorni dopo
quelli regolarmente registrati presso gli
uffici comunali furono 10.000. La città
subì un ulteriore svuotamento da parte
della popolazione,
sia perché rimasta senza una casa, sia per
timore di ulteriori attacchi. Le scuole
furono chiuse a tempo indeterminato, sia
per il pericolo di bombardamenti, sia per
mancanza di combustibile.
Anche in questo caso si volle colpire
deliberatamente la popolazione civile, per
un semplice e chiaro
motivo: abbattere il consenso al Regime
fascista. Perché il consenso c’era e, come
evidenzierà Togliatti, per estirparlo
dalle famiglie italiane bisognava portare
la morte all’ interno delle stesse:
“L’idea che ogni sera un grande numero di
persone abbandonasse la città era uno
degli obiettivi, il congestionamento dei
mezzi di trasporto,
le difficoltà di comunicazione, gli
effetti negativi sul morale e sulla
produttività erano obiettivi dell’area
bombing”.
La Controaerea italo-tedesca, data l’alta
quota di attacco degli aerei alleati, poté
fare poco o nulla se non scatenare un
inferno di fuoco che ebbe il solo
risultato di abbattere un aereo
nemico.
Il bombardamento a tappeto britannico,
grazie anche alla tenuta dei rifugi
antiaerei, provocò solo 133 vittime, poche
se paragonate all’intensità dell’attacco.
Tra queste vogliamo ricordare i fratelli
Giovanelli, alunni della Regia Scuola
Media di Piazzale Tonoli (oggi Piazza
Graziadio Isaia Ascoli),
deceduti quasi contemporaneamente,
schiacciati dal crollo della propria
abitazione colpita da una bomba. Erano
orfani di guerra: il papà
Santino, Capitano dell’8° Reggimento
Fanteria “Cuneo”, era caduto sul Mali
Topojanit (Albania) l’8 gennaio 1941, in
una delle più cruente fasi della battaglia
d’arresto contro i Greci.
Giuseppe Giovanelli, nato a Legnano,
classe 1929, era decorato di Croce al
Merito della Gioventù Italiana del
Littorio, quando morì aveva 13 anni.
Ferdinando Giovanelli, nato a Legnano,
classe 1930, Caposquadra dei Balilla
Moschettieri, cadde all’età 12 anni.
Scrisse il nonno Angelo Negri su carta
intestata della Federazione dei Fasci di
Combattimento di Milano:
Ferdinando Giovanelli, travolto dalle
macerie, prima di morire gridò: «Sono
contento di morire per la Patria. Così
vado a raggiungere mio padre.
Gli Italiani mi vendicheranno. Viva
l’Italia! Vinceremo!». Agli
ultimi istanti, morente, tentò di gridare
ancora «Viva l’Italia!», ma le macerie
soffocarono in gola il suo grido.
Entrambi vennero annoverati tra i Martiri
della Rivoluzione fascista. La morte aveva
distrutto la
famiglia Giovanelli, ma l’“antidoto
togliattiano” non aveva intaccato la fede
di questi Italiani,
sublimata, nell’estremo sacrificio, in un
mistico amor di Patria che tutto sconfigge
e tutto supera.
1M. Colombo, I bombardamenti aerei su
Milano durante la II Guerra Mondiale, 6
Maggio 2003, in
www.storiadimilano.it/Repertori/bombardame
nti.htm.