Quando il “fantasma” di Mussolini apparve a Nettuno…

28/5/2025

Nella notte tra il 22 e il 23 Aprile 1946,
un “Commando” del Partito Fascista
Democratico – un movimento clandestino
milanese di reduci della RSI – penetrò nel
Cimitero Musocco del capoluogo lombardo,
trafugando la salma di Benito Mussolini
che, sebbene sepolta anonimamente e in
gran segreto, era oggetto di continue e
volgari offese da parte degli
antifascisti, in veri e propri “sabba”
indegni di ogni popolo civile.

Il clamoroso trafugamento fece nascere un
giallo che appassionò gli Italiani fino al
31 Agosto 1957, quando il corpo del Duce –
nel frattempo ritrovato dalle Autorità di
Polizia e fatto scomparire per impedirne
la devozione popolare – tornò nelle
disponibilità della famiglia e fu inumato
nel cimitero di Predappio, ove riposa
tutt’ora. Un decennio di passione, amore e
dolore che abbiamo raccontato anche in una
nostra precedente inchiesta alla quale
rimandiamo il lettore[1].

La restituzione della salma di Mussolini
alla famiglia pose fine ad un pezzo di
storia italiana.

Nell’atto di pietà e di “resa” della
Repubblica “nata dalla Resistenza”
(leggasi “Piazzale Loreto”), non vi fu
nessun accordo sottobanco col MSI, né
cedimento al fascismo, solo la
constatazione di essere giunti alla fine
di una farsa. Infatti, il Governo
monocolore di Adone Zoli – che restituì la
salma alla famiglia – avrebbe ricevuto lo
stesso i voti di fiducia missini in
Parlamento, non era necessaria una
“compravendita”. Certamente, Almirante
perorò la causa, ma fu la DC a comprendere
di essere giunti all’epilogo. A nessuno
della Democrazia Cristiana, del resto,
venne mai in mente la barbarie di
disperderne i resti, come ipotizzato da
qualche sanguinario antifascista in cerca
di vendetta postuma, per riscattare il
proprio fallimento politico e umano. Il
buon senso, la civiltà, la pietà,
prevalsero sull’antifascismo criminale.

Certo, tutti volevano cancellare il mito
di Mussolini, ma l’occultamento del suo
corpo aveva contribuito solo ad accrescere
l’interesse degli Italiani nei confronti
del Duce, mettendo in ridicolo lo stesso
Governo che “aveva paura anche dei morti”.
Poi, da non sottovalutare, il reflusso
dell’antifascismo militante a dodici anni
dalla fine della Seconda Guerra Mondiale:
i fascisti del MSI esprimevano Sindaci in
numerose città d’Italia, anche capoluoghi
di provincia, e in altrettanti tenevano in
piedi Giunte democristiane in funzione
anticomunista. Solo nell’Estate 1960
nacque l’antifascismo militante di odio
come lo conosciamo oggi[2]. All’epoca, e
siamo nell’Estate 1957, pochi erano
interessati alle sirene di allarme per il
“fascismo ritornante” strombazzate ad ogni
occasione dai partiti di sinistra al soldo
dell’Unione Sovietica…

Quelli furono undici anni di “attesa”, di
ricerche, di inchieste giornalistiche che,
come abbiamo detto, appassionarono gli
Italiani, con scorno del Governo e degli
antifascisti tutti che si vedevano ancora
tra i piedi il “fantasma” di Mussolini.
Ora qui, ora là. Testimoni che giuravano
di aver visto; giornalisti che accorrevano
sui luoghi; la Polizia e i Carabinieri che
venivano scavalcati e correvano ai ripari
con uno spiegamento di forze surreale;
pellegrinaggi di neofascisti in quel
cimitero, in quella chiesa, in quella
cappella, dove voci sussurrate dicevano,
affermavano, essere nascosta la salma di
Mussolini. Insomma, mai come in quegli
undici anni il Duce fu ovunque.

In realtà, i resti di Mussolini erano
stati sottratti alla venerazione pubblica
e custoditi dalle Autorità di Polizia
sempre nello stesso luogo segreto: il
Convento di Cerro Maggiore (Milano). Da lì
non si mossero mai.

Tra le decine di località in cui si
sussurrò fosse sepolto il Duce vi fu anche
Nettuno, ridente cittadina in provincia di
Roma. La notizia venne rilanciata dal
giornalista Roberto De Monticelli
nell’Ottobre 1951, dalle colonne del
settimanale “Epoca”.

De Monticelli, nella speranza di far luce
sulla dibattuta questione, riportava le
dichiarazioni che Padre Enrico Zucca aveva
fatto dal Brasile. Dopo il trafugamento
del 23 Aprile 1946, il prelato aveva preso
in consegna la salma di Mussolini dai
neofascisti e l’aveva nascosta nella
Chiesa di Santa Maria degli Angeli a
Milano per qualche giorno, fino al
trasferimento alla Certosa di Pavia dove
venne poi scoperta dalla Polizia (12
Agosto 1946). Veniva quindi considerato un
testimone diretto della famosa “scomparsa”
e depositario di chissà quali segreti.

Nell’Autunno 1949 si era sparsa la voce
che i resti di Mussolini fossero stati
nascosti nel Verano di Roma, nella tomba
di un anarchico deceduto nel 1936, tale
Bruno Misefari. Tutti prestarono
attenzione alla notizia-bomba e si
dilettarono a ricostruire i dettagli della
intricata vicenda nel più classico stile
romanzesco, come le iniziali del cognome
del defunto, “Mis”, che richiamavano
direttamente la sigla del Movimento
Sociale Italiano! Mentre la parte finale
del cognome, “fari”, richiamava i FAR, il
movimento clandestino dei Fasci d’Azione
Rivoluzionaria!

Tutte ipotesi fantasiose che, all’epoca,
facevano scorrere fiumi di inchiostro ed
oggi avrebbero fatto la fortuna dei
numerosi programmi televisivi che si
occupano di cronaca nera. Ma erano solo
sogni, “apparizioni di fantasmi” per
l’appunto.

In questo clima di annunci e smentite, di
gialli e di giallissimi, nell’Autunno
1951, Padre Enrico Zucca – seguito
attentamente dai cronisti – fu visto
andare a Roma. Solo questo spostamento
provocò la mobilitazione generale dei
giornalisti che indagavano sulla scomparsa
dei resti del Duce.

Perché il prelato era andato nella
Capitale? Possibile fosse accaduto
qualcosa di clamoroso?

“Stette a Roma qualche giorno. Chi vide,
con chi parlò? Nessuno poté saperlo mai.
Tornò all’Angelicum [di Milano] e col suo
diplomatico sorriso ricevette i
giornalisti. «È stato un falso allarme» si
limitò a dichiarare. «È tutto come prima».
Né fu possibile cavargli altro dalla
bocca; salvo i soliti sorrisi elusivi a
ogni ipotesi che i giornalisti tentarono
di avanzare. Era infatti corsa la voce che
la salma di Mussolini fosse stata tumulata
a Nettuno. Padre Zucca aveva forse fatto,
da Roma, una visitina a Nettuno? Sorriso
di diniego. Eran state dunque riportate,
quelle spoglie senza pace, alla Certosa di
Pavia? Risatina”[3].

No, il corpo del Duce era segregato al
sicuro nel Convento di Cerro Maggiore e da
lì non si mosse mai. Ma il “fantasma” di
Mussolini continuò per lunghi anni ad
aleggiare su tutta l’Italia e, in
quell’Autunno del 1951, fu visto anche a
Nettuno.

“Che strana democrazia è mai quella che
vieta di rimpiangere un dittatore
scomparso, e che strano dittatore fu mai
quello se trova tanti disposti a
rimpiangerlo in tempi di democrazia”,
scrisse Leo Longanesi. Ed ancor oggi poco
e nulla è cambiato se il “fantasma” di
Mussolini è ancora evocato, come figura
centrale della storia d’Italia, in
Parlamento come in decine e decine di
Consigli comunali da parte degli
antifascisti 2.0, sedicenti eredi di una
storia che non conoscono nemmeno.



Pietro Cappellari

Direttore

Biblioteca di Storia Contemporanea “G.
Coppola”

Paderno di Mercato Saraceno (Forlì)